Ebbene, quando si parla di lavoro in nero, si allude al fenomeno del lavoro irregolare o clandestino, ovvero alla condizione del lavoratore privo di un regolare contratto di assunzione, e dunque di un contratto depositato presso le competenti Autorità Pubbliche.
In tal modo il rapporto di lavoro risulta sconosciuto alle competenti Autorità pubbliche e si appalesa come giuridicamente irregolare e nullo.
A ciò va aggiunto che il fenomeno del lavoro in nero è strettamente connesso a quello dell’immigrazione clandestina: l’impiego di lavoratori stranieri extracomunitari, ossia privi di un regolare permesso di soggiorno, stante l’impossibilità di provvedere ad una regolare assunzione degli stessi, alimenta le fila del lavoro in nero, con notevoli risparmi e ricavi in termini economici per il (solo) datore di lavoro.
Le assunzioni dei lavoratori stranieri non appartenenti all’Unione Europea
Le assunzioni dei lavoratori non appartenenti all’Unione Europea, sono disciplinate il D.lgs.25/7/1998 n.286 (Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), e richiedono, come presupposto indefettibile, la preliminare verifica del possesso di un valido permesso di soggiorno per lavoro subordinato , autonomo , o per ricongiungimento familiare, differenziandosi in ciò dai lavoratori appartenenti alla Comunità Europea per i quali vige il principio di libera circolazione (art. 45 TFUE).
Quali sono le sanzioni per l’impiego irregolare di lavoratori stranieri?
L’ordinamento giuridico sanziona il comportamento del datore di lavoro che favorisca lo sfruttamento del lavoro in nero, e violi le norme sull’immigrazione, mediante impiego di lavoratori stranieri, privi di permesso di soggiorno, (e dunque irregolari), mediante applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie , atteso il mancato rispetto degli obblighi contributivi previsti.
Al fine di rafforzare l’attività di contrasto del fenomeno del lavoro sommerso e irregolare e la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, la Legge di Bilancio 2019 , e nello specifico il comma 445 dell’articolo 1 della legge n. 145/2018, ha disposto l’aumento delle sanzioni in materia di violazione dei diritti dei lavoratori a partire dal 1° gennaio 2019. L’aumento, tuttavia, ha ad oggetto le sole violazionicommesse a decorrere dall’anno in corso, restano esclusi i comportamenti elusivi degli anni precedenti, a prescindere dalla data di accertamento e/o contestazione.
Altre conseguenze sono poi previste sul piano penale: infatti commette reato il datore di lavoro che assuma in nero uno straniero senza permesso di soggiorno , stante la violazione delle attuali norme sull’immigrazione, e sul piano civile (il lavoratore potrebbe intentare causa al datore per ottenere differenze retributive, straordinari non pagati o tfr).
Maxisanzione per lavoro nero
Nell’ipotesi in cui vengano accertati dagli organi ispettivi casi di lavoro in nero, e dunque situazioni in cui non sia stata effettuata la preventiva comunicazione dell’instaurazione del rapporto di lavoro (o UNILAV), il datore è tenuto a pagare una sanzione amministrativa pecuniaria, detta maxisanzione .
Si tratta di una sanzione di natura aggiuntiva rispetto ad altri eventuali provvedimenti di carattere sanzionatorio, ed è suddivisa in scaglioni che vanno da un importo minimo ad uno più elevato, e che variano a seconda del tempo di impiego irregolare del lavoratore. Nel dettaglio il datore di lavoro è tenuto a corrispondere i seguenti importi:
– da 1.500 a 9.000 euro per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore sino a 30 giorni di effettivo lavoro;
– da 3.000 a 18.000 euro per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore da 31 sino a 60 giorni di effettivo lavoro;
– da 6.000 a 36.000 euro per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore oltre 60 giorni di effettivo lavoro.
Per le violazioni accertate dal 1° gennaio 2019 le sanzioni sono aumentate del 20% per effetto, come già anticipato, delle modifiche apportate dalla Legge di Bilancio 2019, di conseguenza i nuovi importi, (che non si applicano alle condotte illecite realizzate e come tali riferibili all’anno 2018), sono i successivi:
– da 1.800 euro a 10.800 euro per ciascun lavoratore irregolare sino a 30 giorni di lavoro effettivo;
– da 3.600 euro a 21.600 euro per impiego di lavoratori in nero da 31 e fino a 60 giorni;
– da 7.200 euro a 43.200 euro oltre i 60 giorni di lavoro effettivo in nero.
La norma prevede altresì che le maggiorazioni sono raddoppiate ove, nei tre anni precedenti, il datore di lavoro sia già stato destinatario di sanzioni amministrative o penali per i medesimi illeciti.
E dal punto di vista penale?
L’impiego di lavoratori stranieri extracomunitari non appartenenti all’Unione Europea, va sanzionato in quanto favorisce il fenomeno dell’immigrazione clandestina , lo sfruttamento ed il lavoro sommerso ed irregolare.
Commette reato e viene punito con una reclusione che va dai 6 mesi ai 3 anni, oltre ad una multa di 5.000 euro. Inoltre le pene previste possono essere aumentate da 1/3 alla metà qualora:
– i lavoratori irregolari occupati siano più di 3;
– tra i lavoratori irregolari ci siano dei minori;
– i lavoratori vengano sottoposti a condizioni lavorative di particolare sfruttamento.
L’impiego di tali lavoratori viola l’articolo 22 del Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, nonché il Decreto Legislativo 286/1998, e nei casi più gravi può integrare gli estremi del reato di “sfruttamento dell’immigrazione clandestina”, punito dall’art. 12 TU in materia di immigrazione, i cui presupposti sono proprio la condizione di clandestinità dello straniero, un comportamento oggettivamente idoneo a favorirne la permanenza in Italia, e l’iniquità delle condizioni a cui viene resa la prestazione lavorativa come retribuzione inferiore al minimo sindacale od in cambio del solo alloggio.
Quando non si applica la maxisanzione?
Vi sono ipotesi in cui la Maxisanzione non essere applicata al datore di lavoro, e nello specifico:
– nel caso in cui abbia posto in essere adempimenti di carattere contributivo primadell’accesso ispettivo, dell’accertamento, o dell’eventuale convocazione per un tentativo di conciliazione (es. abbia provveduto al pagamento dei contributi);
– o nell’ipotesi in cui prima dell’accesso ispettivo abbia provveduto a regolarizzare il rapporto di lavoro avviato inizialmente senza la preventiva comunicazione obbligatoria, senza che vi sia stata alcuna intenzionalità di occultare il rapporto di lavoro.
In tali casi si applicano solo le sanzioni per mancata comunicazione preventiva e quelle dovute per le differenze di contribuzione.
La possibile riduzione della sanzione amministrativa
A quanto anticipato nel paragrafo precedente va aggiunta la possibilità per il datore di lavoro di ottenere una riduzione della sanzione amministrativa o diffida obbligatoria, che consente di estinguere l’illecito mediante pagamento di un importo minimo.
A tal fine il datore deve provvedere innanzitutto a regolarizzare la posizione del lavoratore impiegato in nero, ottemperando al pagamento delle corrette retribuzioni e dei versamenti previdenziali, anche inerenti i periodi pregressi.
Si tratta di una misura di natura aggiuntiva, rispetto ad altri eventuali provvedimenti di carattere sanzionatorio legati all’utilizzo di manodopera irregolare ed all’evasione contributiva, che trova applicazione esclusivamente nell’ipotesi in cui non è stata effettuata la preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro (UNILAV).
Per poter accedere a tale procedura agevolata ed estinguere l’illecito il datore di lavoro deve:
– stipulare con il lavoratore irregolare un contratto di lavoro subordinato, a tempo indeterminato anche part time ,(con riduzione dell’orario di lavoro non superiore al 50% rispetto all’orario full time), oppure un contratto full time a tempo determinato di durata non inferiore ai tre mesi ;
– mantenere in servizio il lavoratore irregolare per almeno tre mesi a decorrere dalla data dell’accesso ispettivo, (il contratto , invece, deve decorrere dal primo giorno di lavoro in nero);
– regolarizzare il lavoratore mediante denuncia e pagamento dei contributi e dei premi all’ente previdenziale ed a quello assicuratore, corrispondendo al lavoratore le corrette retribuzioni;
– pagare la maxisanzione entro 120 giorni dalla notifica del verbale unico di accertamento.
Se si intende assumere un lavoratore straniero con regolare permesso di soggiorno, il datore di lavoro deve inviare telematicamente al Centro per l’impiego del luogo ove è ubicata la sede di lavoro, entro le 24 ore del giorno che precede l’assunzione, la comunicazione in modello UNILAV di comunicazione obbligatoria, (che sostituisce il modello Q previsto in precedenza), ed alla Prefettura.
Viceversa se il lavoratore straniero risulta ancora residente all’estero, il datore deve presentare per via telematica domanda di nulla osta allo Sportello Unico per l’ Immigrazione della provincia di residenza, o di quella in cui ha sede legale l’impresa, o di quella ove avrà luogo la prestazione lavorativa.
Va aggiunto che l’ingresso del lavoratore straniero nel territorio italiano per motivi di lavoro deve avvenire nel rispetto delle quote massime stabilite annualmente con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri cd. Decreto Flussi, introdotto proprio al fine di garantire la massima compatibilità degli ingressi con le potenzialità di inserimento nel mercato del lavoro.
Verificata la corrispondenza della domanda, il datore viene convocato per la consegna del nulla osta dallo Sportello Unico per l’Immigrazione (SUI) della provincia dove avrà luogo la prestazione lavorativa. Il lavoratore straniero, a sua volta, dovrà successivamente chiedere all’autorità consolare italiana del suo Paese di residenza il rilascio del visto di ingresso. Entro 8 giorni dall’ingresso in Italia dovrà recarsi presso lo Sportello Unico per l’immigrazione e presentare domanda di permesso di soggiorno e sottoscrivere il contratto di soggiorno, documenti che lo sportello provvederà a comunicare alla Questura competente.
La sospensione dell’attività imprenditoriale
Qualora a seguito di attività di controllo ispettiva venga riscontrato un impiego di personale non risultante dalla documentazione obbligatoria in misura pari o superiore al 20% del totale dei lavoratori, regolari o meno, presenti sul posto di lavoro al momento dell’accesso ispettivo; nonché in caso di gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro, può essere disposta la sospensione temporanea dell’attività imprenditoriale (fatta eccezione per le imprese che occupano soltanto un dipendente).
Gli effetti della sospensione possono essere fatti decorrere dalle ore dodici del giorno lavorativo successivo, ovvero dalla cessazione dell’attività lavorativa in corso che non può essere interrotta, salvo che non si riscontrino situazioni di pericolo imminente o di grave rischio per la salute dei lavoratori o dei terzi.
Avverso i provvedimenti di sospensione di cui ai commi 1 e 2 è ammesso ricorso, entro 30 giorni, rispettivamente, alla Direzione Regionale del Lavoro territorialmente competente ed al presidente della Giunta regionale, i quali si pronunciano nel termine di 15 giorni dalla notifica del ricorso. Decorso inutilmente tale ultimo termine il provvedimento di sospensione perde efficacia.
Il datore di lavoro che non ottempera al succitato provvedimento è punito con l’arresto fino a sei mesi : nelle ipotesi di sospensione per gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro , e con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 2.500 a 6.400 euro: nelle ipotesi di sospensione per lavoro irregolare.
Il provvedimento di sospensione può essere revocato se il datore;
– procede a regolarizzare i lavoratori trovati in nero durante l’ispezione;
– mediante il ripristino delle regolari condizioni di lavoro nel caso in cui la sospensione sia stata adottata a seguito di gravi e reiterate violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro;
– o con pagamento di una sanzione aggiuntiva dell’importo di € 2.000 in caso di impiego di lavoratori in nero, ed € 3.000 in caso di sospensione per reiterate violazioni della disciplina della materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro.