Estensione della causale di riorganizzazione anche per programmi volti a realizzare processi di transizione e accordo di transizione occupazionale per i dipendenti che, a seguito del programma aziendale di risanamento, sono a rischio esubero e non riassorbibili. Due misure, per le imprese in crisi, sulle quali il Ministero del Lavoro ha fornito importanti chiarimenti. In particolare, occorre presentare dettagliati piani e azioni dirette alla transizione digitale ed ecologica, nonchè documentare le spese sostenute. Per accedere all’accordo di transizione occupazionale, occorre avere un numero di dipendenti superiori a 15 ed aver esaurito tutti gli ammortizzatori sociali fruibili e computabili all’interno del quinquennio mobile. Quali sono gli ulteriori requisiti per accedere alle misure di integrazione salariale? Come si presenta la domanda?
Attraverso il D.M. n. 33 del 25 febbraio 2022 e la circolare n. 6 del 18 marzo 2022, il Dicastero del Lavoro interviene su alcuni punti del nuovo D.L.vo n. 148/2015, riformulato a seguito dalle numerose novità introdotte con la legge n. 234/2021, e chiarisce soffermandosi, con particolare attenzione sulla CIGS per transizione e, poi, sul successivo accordo per l’ammortizzatore legato alla transizione occupazionale degli esuberi che, almeno nelle intenzioni del Legislatore, dovrebbe valorizzare il passaggio al sistema delle politiche attive del lavoro per i lavoratori interessati, da inserire all’interno del programma GOL (Garanzia Occupabilità Lavoratori).
Occorre riconoscere alle strutture ministeriali il merito di essere intervenute, velocemente, a declinare, attraverso il D.M. appena citato, i chiarimenti necessari, che si inseriscono all’interno del D.M. n. 94033/2016 il quale, per gli operatori che si occupano della materia, rappresenta la via maestra da percorrere per poter, poi, ottenere una sollecita approvazione degli interventi richiesti. La circolare n. 6, invece, si dilunga su diversi aspetti vecchi e nuovi del D.L.vo n. 148/2015 ed ha il pregio di mettere in correlazione una serie di situazioni che, presenti in disposizioni tra loro non correlate, necessitano di una visione il più possibile unitaria.
Il Legislatore ha esteso la causale di riorganizzazione già presente nel vecchio testo, riconoscendola come attuabile anche per programmi volti “a realizzare processi di transizione”.
Tutto ciò ha un significato ben preciso e il D.M. n. 33/2022, attraverso la specifica regolamentazione inserita nel “corpus” del D.M. n. 94033/2016, lo delinea chiaramente.
I piani presentati per tale causale:
a) debbono contenere azioni dirette alla trasformazione delle imprese ed alla loro transizione in digitali, tecnologiche, ecologiche ed energetiche;
b) possono riguardare anche fusioni od incorporazioni il cui obiettivo finale consiste nel superamento delle criticità per passare, seguito, possibilmente, da una fase di crescita;
Le aziende interessate debbono indicare le azioni ipotizzate per la transizione (ad esempio, efficientamento energetico, processi innovativi di transizione digitale, sostenibilità ambientale, potenziamento delle misure di sicurezza, ecc.), cosa che potrebbe comportare anche una condivisione partecipata con la Regione o le Regioni interessate o con il Ministero dello Sviluppo Economico nel caso in cui le imprese siano di rilevanti dimensioni: sono quelle richiamate dall’art 2 del D.L.vo n. 270/1999 che si trovano in stato di insolvenza, che hanno un numero di dipendenti non inferiore a 200, compresi quelli in integrazione salariale da almeno un anno e che per quel che riguarda i debiti presentano un ammontare complessivo non inferiore ai 2/3 del totale dell’attivo dello stato patrimoniale, dei ricavi dalle vendite e dalle prestazioni dell’ultimo esercizio, nonché le imprese confiscate, pur senza i requisiti appena sopra riportati.
Tutte le spese riguardanti la realizzazione del processo di transizione dovranno essere documentate: qui, non c’è nulla di nuovo rispetto a quanto già previsto da anni per la causale di riorganizzazione (art. 21 del D.L.vo n. 148/2015 e D.M. n. 94033/2016).
La CIGS per transizione è pur sempre una CIGS per ristrutturazione: di conseguenza la domanda va inoltrata, in via telematica attraverso il sistema della CIGS online, entro i termini usualmente previsti (7 giorni dal termine della consultazione sindacale che deve avvenire nel rispetto dei tempi previsti dall’art. 24 “tarati” sulla dimensione aziendale – 10 giorni per quelle con un organico fino a 50 dipendenti e 25 per quelle più grandi) e deve contenere anche gli altri punti “messi a fuoco” dall’art. 1 del D.M. n. 94033/2016, e precisamente:
a) le sospensioni programmate debbono essere strettamene correlate al piano programmatico e le stesse debbono rispettare il limite dell’80% delle ore lavorabili nella unità produttiva interessata, per tutto il periodo di realizzazione del programma;
b) vanno indicate le azioni finalizzate al recupero occupazionale dei dipendenti in CIGS che non può essere inferiore al 70% dei lavoratori interessati. In tale percentuale vanno compresi non solo coloro che riprendono la loro attività nell’unità produttiva ma anche coloro che vengono riassorbiti in altre strutture della stessa azienda. Qui, a mio avviso, il discorso non può non correlarsi con un altro passaggio previsto dal D.M. n. 94033: quello della gestione non traumatica degli esuberi. Ciò significa anche occupazione dei lavoratori eccedentari presso altre aziende, occupazione dei lavoratori in aziende che hanno acquisito parte dell’attività attraverso processi di esternalizzazione, risoluzioni consensuali con incentivi all’esodo, dimissioni, pensionamenti anticipati anche attraverso il contratto di espansione, procedura collettiva di riduzione di personale ove il criterio d scelta, concordato con le organizzazioni sindacali è quello della volontarietà, magari supportata da benefici economici, accordo di ricollocazione ex art. 24-bis, sì da rappresentare complessivamente una gestione “non traumatica” delle eccedenze occupazionali. Come si vede dall’elencazione, si tratta di una vasta gamma di strumenti che possono essere utilizzati, senza soluzione traumatica e che per l’azienda possono avere costi sensibilmente diversi;
c) vanno descritti i percorsi di formazione finalizzati alla riqualificazione professionale ed al potenziamento delle competenze, con l’indicazione degli Enti formatori;
d) vanno indicate, espressamente, le modalità di copertura degli investimenti.
La CIGS per transizione è, come detto pocanzi, una integrazione salariale per ristrutturazione rispetto alla quale i controlli da parte degli Ispettorati territoriali del Lavoro debbono avvenire nei 3 mesi antecedenti la conclusione dell’intervento di integrazione salariale, secondo la previsione sia dell’art. 25 che delle indicazioni amministrative fornite, a suo tempo, dalla Direzione Generale degli Ammortizzatori Sociali con la circolare n. 27/2016. Sarebbe, tuttavia, opportuno che, sull’argomento della transizione e sui programmi che lo accompagnano, del tutto nuovi rispetto alla “normale” riorganizzazione, ci fosse uno esplicito chiarimento da parte degli organi amministrativi centrali, relativamente agli elementi, parzialmente diversi, che gli ispettori del lavoro saranno tenuti a verificare ed a valutare.
La circolare n. 6/2022, fornendo delucidazioni sulle norme sotto riportate, inserite nell’art. 22-ter:
a) “Al fine di sostenere le transizioni occupazionali all’esito dell’intervento straordinario di integrazione salariale di cui all’art. 21 comma 1, lettere a) e b), ossia riorganizzazione e crisi aziendale”;
b) “Recupero occupazionale dei lavoratori in esubero”;
afferma che la misura riguarda i dipendenti che, a seguito del programma aziendale di risanamento, sono a rischio esubero e, in quanto tale, non riassorbibili, e che la richiesta di intervento da parte dell’azienda può avvenire sia in continuità con il precedente trattamento che, dopo la ripresa dell’attività.
Le condizioni, propedeutiche all’accordo, sono, però, due:
a) l’impresa deve occupare più di 15 dipendenti;
b) l’impresa deve aver esaurito tutti gli ammortizzatori sociali fruibili e computabili all’interno del quinquennio mobile. E’, nella sostanza, un ammortizzatore “di riserva” attivabile per un massimo di 12 mesi non prorogabili;
La nota ministeriale ricorda che l’accesso alla integrazione salariale ex art. 22-ter è possibile, in via eccezionale, anche per le imprese già individuate dall’art. 44 del D.L. n. 109/2018 (decreto Genova varato a seguito del crollo del “ponte Morandi”) che alla fine del 2021 (aziende in crisi con prospettiva di cessione dell’attività) non avevano altri mezzi a disposizione e non potevano utilizzare le novità introdotte con la legge n. 234/2021.
Anche le imprese dell’editoria che, perle integrazioni salariali, utilizzano la disciplina del tutto particolare dell’art. 25-bis e che trova la propria regolamentazione amministrativa nel D.M 100495/2017 e nelle circolari n. 21/2017 e n. 5/2018, ricorrendone le condizioni, possono accedere all’accordo di transizione occupazionale.
Ricordo, per completezza di informazione, che, nel settore editoriale, vi sono delle disposizioni specifiche che derogano alla normativa generale:
a) sia la riorganizzazione che la crisi aziendale hanno una durata di 24 mesi anche non continuativi;
b) la crisi aziendale trova applicazione anche se l’attività aziendale o un ramo di essa cessino o anche in costanza di fallimento, secondo le indicazioni della legge n. 416/1981. Tali norme “incrociano”, all’art. 37 della legge appena citata, le disposizioni sul prepensionamento del personale poligrafico e dei giornalisti iscritti all’INPGI ma tale possibilità, rimarca la circolare n. 6, è possibile soltanto durante l’utilizzo degli ammortizzatori ex art. 25-bis, e non nel corso della fruizione dell’integrazione salariale ex art. 22-ter.
Per poter accedere alla integrazione salariale straordinaria occorre procedere alla stipula di un accordo: ricordo che le imprese, potenzialmente interessate, debbono occupare almeno 16 dipendenti e che nel calcolo sono compresi anche quelli con qualifica dirigenziale, pur essendo esclusi dall’ammortizzatore.
Propedeutico all’accordo è il procedimento di consultazione sindacale previsto dall’art. 24 che, tra le altre cose, detta i tempi per la conclusione dell’iter che richiede, innanzitutto, l’informativa e l’esame congiunto con le RSA o le RSU, nonché con le strutture territoriali delle organizzazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale: i tempi sono di 10 giorni per le aziende dimensionate fino a 50 dipendenti e di 25 per quelle che presentano un organico superiore.
Qui, come accennato pocanzi, la procedura si deve concludere con un accordo, cosa che, per gli ammortizzatori straordinari, viene richiesta, in via generale, unicamente per il contratto di solidarietà.
Titolare della concessione del trattamento di integrazione salariale è la Direzione Generale degli Ammortizzatori Sociali: i tempi della presentazione dell’istanza (7 giorni dalla stipula dell’accordo) e della procedura complessiva, ivi compresi quelli necessari per l’autorizzazione sono gli stessi già previsti dall’art. 25 e dalla prassi amministrativa consolidata attraverso numerose circolari n materia di integrazioni salariali straordinarie.
L’istanza per la CIGS finalizzata alla transizione occupazionale va presentata, come detto, al Ministero del Lavoro – Direzione Generale degli Ammortizzatori Sociali-, attraverso l’applicativo di CIGS on line ove si trova la scheda n. 11 relativa all’accordo di transizione occupazionale: essa va compilata inserendo i nominativi dei lavoratori beneficiari, a rischio esubero.
Nella transizione occupazionale l’accordo deve, esplicitamente, definire, anche con il concorso dei Fondi interprofessionali, le iniziative finalizzate:
a) alla rioccupazione;
b) all’autoimpiego.
I lavoratori sono obbligati a partecipare ai corsi di formazione e riqualificazione professionale e la loro assenza non giustificata, porta alla decadenza dal trattamento economico erogato mediante l’integrazione salariale (qui si tratterà di individuare, in via amministrativa, chi dovrà accertare e chi dovrà deliberare la decadenza).
Anche le Regioni possono avere un ruolo attivo (cosa logica, in quanto le crisi occupazionali si riverberano negativamente sui territori di competenza): infatti, le iniziative promozionali dell’accordo, finalizzate all’auto impiego, alla rioccupazione, alla formazione ed alla riqualificazione professionale, possono essere cofinanziate attingendo dai fondi destinati al servizio delle politiche attive sul lavoro.
I dipendenti che fruiscono della integrazione salariale “ulteriore” vengono inseriti nel programma GOL (Garanzia di occupabilità dei lavoratori) disciplinato dall’art. 1, comma 324, della legge n. 178/2020 ed i nominativi sono messi dall’ANPAL a disposizione di tutte le Regioni interessate.
L’accordo appena descritto può avere riflessi positivi per l’occupazione dei lavoratori in cassa integrazione guadagni straordinaria ma anche per i datori di lavoro che fossero intenzionati ad assumerli.
Infatti, i commi da 243 a 248 dell’art. 1 della legge n. 234/2021 individuano due possibilità di assunzione agevolata: quella a tempo indeterminato (anche a tempo parziale) e quella, pur sempre a tempo indeterminato, ma attraverso l’apprendistato professionalizzante (art. 47, comma 4 del D.L.vo n. 81/2015), già in vigore per i disoccupati “over 29” titolari di un trattamento di NASPI.
Quindi, la prima cosa da sottolineare riguarda il fatto che gli incentivi non sono previsti, indistintamente, tutti i lavoratori in CIGS, ma soltanto per quelli che fruiscono dell’ammortizzatore a seguito di accordo di transizione occupazionale. Per chi non è “in cassa per transizione” restano quelli già in essere dell’art. 4, comma 3, del D.L. n. 148/1993 (12 mesi di contribuzione ridotta al 10% se il lavoratore è in integrazione da almeno 3 mesi e l’azienda lo è da almeno 6) e dall’art. 24-bis del D.L.vo n. 148/2015 (accordo di ricollocazione con un beneficio di 4.030 euro l’anno – rivalutabili sulla base della variazione ISTAT- sulla quota a carico del datore per un massimo di 18 mesi se l’assunzione avviene a tempo indeterminato e 12 mesi, se a termine).
Ma quale è il beneficio che può ottenere chi assume a tempo indeterminato un lavoratore a seguito dell’accordo di transizione?
L’incentivo è pari al 50%, per ogni mese e per un massimo di 12, dell’ammontare del trattamento straordinario di CIGS che sarebbe stato percepito dal lavoratore.
La disposizione, non immediatamente operativa, in quanto sottoposta all’autorizzazione preventiva della Commissione Europea ai sensi dell’art. 108, paragrafo 3, del Trattato dell’Unione: essa, poi, inserisce altri vincoli al datore di lavoro assumente che, sono, in materia di licenziamento, gli stessi già presenti per lo sgravio contributivo degli “under 36” (ad eccezione di quello di non aver, mai, avuto, in passato, un precedente rapporto a tempo indeterminato. Sicuramente, allorquando usciranno i chiarimenti dell’INPS, si richiamerà il rispetto sia dell’art. 1, comma 1175, della legge 296/2006 (DURC, rispetto degli obblighi di legge, rispetto dei contratti sottoscritti, anche a livello territoriale od aziendale, dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative a livello nazionale), che dell’art. 31 del D.L.vo n. 150/2015.
L’assunzione, invece, con contratto di apprendistato professionalizzante ex art. 47, comma 4, del D.L.vo n. 81/2015 richiede una qualificazione o riqualificazione professionale attraverso un piano formativo che si svolge lungo l’arco temporale previsto dal CCNL, con la contribuzione propria dell’apprendistato relativa alla classe dimensionale di appartenenza, con la possibilità di erogare una retribuzione inferiore rispetto al livello finale e con la non computabilità del lavoratori in tutti gli istituti legali e contrattuali che richiedono, espressamente, il calcolo dei dipendenti, salvo che non ci sia un diverso avviso normativo.